Sempre più spesso in questo ultimo periodo, amici e conoscenti mi inviano comunicati vari che vengono pubblicati su quelli che sono definiti social, da famiglie ospitanti all’interno dei progetti di risanamento dei minori bielorussi.
Sempre più spesso rimango basita dai toni di questi comunicati, soprattutto dalle frasi ricorrenti “il mio bambino” i “nostri figli”!
Sempre più spesso mi pongo questa domanda: “di che Associazioni fanno parte queste persone e come sono state preparate all’accoglienza dagli psicologi dell’Associazione di appartenenza?”
Vorrei ricordare a tutti che i progetti sono PROGETTI DI RISANAMENTO nati dopo una catastrofe ambientale di immani proporzioni; che il visto che viene rilasciato ai bambini è un visto turistico; che nessuno ha mai riconosciuto una valenza legale diversa ai progetti; inoltre i bambini sono affidati alle Associazioni i cui Presidenti ne sono legalmente responsabili, le famiglie OSPITANTI (non sono definibili in altro modo) dovrebbero conoscere tutto ciò ed essere preparate da persone qualificate sul significato dell’ACCOGLIENZA.
Certamente non sarò io a negare che durante questa esperienza si instaurano spesso (non sempre, ma spesso) rapporti di affetto, fiducia, amore tra la famiglia e il bambino/a, che spesso vengono intraprese strade diverse per ufficializzare i legami con quel bambini, che spesso l’ex bambino ormai diciottenne decide di venire a vivere in Italia (ma non sempre, c’é chi scegli il proprio Paese), ma fino a quel momento NOI siamo FAMIGLIE OSPITANTI, loro NON sono i NOSTRI FIGLI; spesso hanno dei genitori che nessuno ci autorizza a dire che sono peggio di noi, vivono in delle case famiglia dove una figura di riferimento c’é, non sono abbandonati perché, se c’é una cosa che posso affermare dopo 25 anni di esperienza in Bielorussia, é che lo Stato bielorusso non ha mai abbandonato i propri bambini.
Se i bambini si sentono ora abbandonati dalle famiglie italiane, la responsabilità é delle famiglie italiane stesse e delle Associazioni che le supportano, in quanto non sanno spiegare ai “loro” bambini cosa sta succedendo causa Coronavirus, non sanno tranquillizzali, anzi esasperano il loro eventuale malessere.
I bambini partecipanti ai progetti di risanamento NON sono legalmente nostri CONGIUNTI, non é un ricongiungimento di fatto perché loro sono da noi ospitati all’interno di progetti di risanamento, che sicuramente é anche un risanamento affettivo, ma che non ci dà alcun diritto su di loro. Voglio dirla cattiva “andate Voi in Bielorussia a trovarli, state là tutto il periodo delle vacanze e così dimostrerete loro di apprezzare anche la realtà in cui vivono, non contrapponendola al nostro modello di mondo che vogliamo far apparire dorato”.
In questo momento pericoloso per tutti, con i contagiati in aumento in Italia, con altrettanti contagi in Bielorussia, cerchiamo di far vivere meglio i bambini lì dove si trovano, con aiuti materiali, con telefonate frequenti e con rassicurazioni di tipo affettivo; che tristezza pensare che un bambino perda la fiducia in te perché non può venire in Italia in risanamento, forse c’é qualcosa che non va alla base del rapporto! Inoltre vorrei ricordare che OGNI bambino ha diritto ad una FAMIGLIA, non che ogni famiglia ha diritto ad un bambino/figlio, pertanto se anche uno solo di questi bambini troverà una famiglia nel suo Paese dovremo essere contenti per lui e per noi se saremo stati capaci di fargli capire l’importanza di ciò che gli sta capitando.
La filosofia delle Associazioni che aderiscono all’AVIB é questa: dobbiamo pensare al benessere non solo materiale dei bambini perciò dobbiamo preparare adeguatamente le famiglie all’ospitalità, dobbiamo essere pronti ad accettare il mondo in cui vive il bambino/a e valorizzarlo ai suoi occhi; un giorno forse quel bambino deciderà di vivere in Italia con te, o forse no, e allora farai dei viaggi con carrozzine, vestitini, giocattoli per i suoi bambini e sarai orgoglioso perché hai contribuito a farlo diventare un adulto responsabile. Potrà anche verificarsi che quel bambino diventi “tuo” legalmente ma che non dimentichi mai il suo Paese, le sue amicizie, i suoi pochi affetti, e che diventi un adulto triste e senza Patria (quante adozioni sono fallite in questi anni? quanti adottati sono tornati in Bielorussia?).
Tutto può capitare, ma il punto principale é che I BAMBINI NON SONO NOSTRI, i bambini sono in primis di se stessi, poi di tutte le persone che responsabilmente li amano e li aiutano nella loro crescita, crescita che passa inevitabilmente attraverso rinunce, dolori e sconfitte.
Ridimensioniamo il nostro ego affettivo, non ricreiamo ciò che avvenne nel 2006 dopo “il fatto di Cogoleto”, non esasperiamo i nostri animi e tantomeno quello dei bambini, (ricordiamoci che i bambini dicono tante cose per compiacerci), e cerchiamo di trarre esperienze positive anche da questo momento di difficoltà per tutto il mondo, non solo per le famiglie ospitanti e per i bambini accolti.
Ribadisco che l’AVIB ha sempre chiesto linee guida chiare per la realizzazione dei progetti di risanamento, non ha mai sostenuto che i bambini debbano venire a qualsiasi condizione: i bambini debbono venire in sicurezza sanitaria per loro stessi e per le famiglie che li ospitano.
Consapevole che questo comunicato che firmerò scatenerà reazioni negative verso la mia persona, chiedo ancora una volta che i Presidenti delle Associazioni che realizzano progetti di risanamento facciano la loro parte preparando adeguatamente le famiglie e facendo loro capire che non si tratta del “mio bambino”, ma di una visione molto più ampia dell’ospitalità.
arena ricchi presidente AVIB
14 ottobre 2020
Per chiarire che non sono “senza cuore” evidenzio che sono mamma biologica di due figli, che sono nonna, che nel tempo ho ospitato due minori bielorussi che alla maggiore età hanno deciso dove vivere e cosa fare della loro vita, che li seguo come figli naturali, che nessuno dei due mi chiama mamma, ma che ciò non é importante rispetto al rapporto sereno che abbiamo costruito.